Buon pomeriggio dott.ssa Giudice Cecilia Carreri.
Mi scuso per l'intromissione, ma spero tanto che questo messaggio lei lo possa leggere.
Ho finito di esplorare analiticamente tutto il Suo sito Internet, imprese, pitture, poesie, esposizioni..., un volto totalmente a me sconosciuto della Sua persona. E mi congratulo con Lei per la versatilità delle Sue attività.
Seguo la Sua vicenda sul Giornale di Vicenza e mi dispiace molto che in Italia esistano sempre due pesi e due misure, e accoltellamenti alla schiena.
Le auguro di poter vivere in grande serenità questo delicato periodo trovando sollievo nelle sue attività artistiche e sportive.
Carissima Cecilia, grazie a Lei per quello che ha scritto e che mi ha scritto. Ho letto il Suo libro Oceano di Mare Verticale quest'estate in montagna dove vado a camminare. Le dice niente Intraisass ? Lei ed io siamo comparsi nel primo numero stampato di Alberto Peruffo:Lei aveva scritto un bellissimo articolo di montagna che ho riletto sempre quest'estate ed io un raccontino intitolato Un libro di montagna. E' da quel momento che mi sono ricordato di lei.
Nella vita io faccio il penalista e quando quest'inverno sono usciti quegli articoli ieneschi su di lei e sulla Sua carriere, mi sono sentito un poco defraudato. E schifato. Forse perchè anch'io da avvocato ho subito una grossa cattiveria su cui peraltro sto scrivendo un libro.
Per me il Suo libro è stato un'esperienza unica, e me lo sono vissuto per circa quindici giorni. Mi ha fatto stare bene anche se si sente una forte tristezza.
Lei è però una donna con gli attributi. Continui a vivere così, con questa dignità oceanica. Per me sarà sempre vittoriosa.
Se mi dice quando esce il Suo prossimo libro, sarò felice di scriverne ancora.
Il libro precedente - Mare Verticale - non riesco a trovarlo. Può chiedere in Mursia se sia disponibile ?
La recensione che Le ho mandato è su Sanremonews, dove curo una rubrica sui libri, e di cui ho profittato ieri perchè ad Imperia c'erano Le Vele che credo Lei conosca meglio di me.
Grazie Cecilia per il Suo sorriso.
Carissima Cecilia,
il presente messaggio è per esprimerti la mia solidarietà a fronte dell'ennesimo esempio di viltà operato dai media nei tuoi confronti.
Un abbraccio.
Le scrivo di getto, dopo aver letto d’un fiato il Suo libro “Fermate la Giustizia”.
Ho rievocato la sua immagine stanca nella sala d’interrogatorio in carcere a Vicenza, con il bicchierino in plastica di caffè nel tavolino, come descritto nel volume. Faccio infatti l’avvocato, in realtà civilista, anche se, in qualche occasione e mio malgrado l’ho incontrata vestendo la toga penale. In quelle occasioni ho tratto di Lei una immagine di persona distaccata, dura, fredda, che mal si conciliava con le sue passioni per la montagna ed il mare, che sono anche mie. Me ne scuso e ne comprendo solo ora le ragioni.
Il motivo del mio coinvolgimento nella lettura, non dipende solo dalla frequentazione dei medesimi ambienti da lei descritti, ma dalla grande passione che mi lega all’alpinismo, alla vela ed al volo libero ed alla curiosità di coniugare la sua immagine di magistrato con quella sportiva. Conosco perfettamente quanto sia lacerante il confronto tra la propria vita vissuta nella natura, con se stessi ed i compagni di “viaggio”, rispetto a quella vissuta nelle aule dei tribunali e negli uffici legali. Non è una lacerazione di tipo ambientale, lo è molto di più a livello intimo, personale, psicologico. Quando la mente ed il corpo vivono la montagna ed il mare, essi non diventano più una sorta di “fuga” per “staccarla spina” e per rigenerarsi. Essi divengono parte di te stesso in modo talmente profondo che appare alienante vivere nell’attuale ambiente e sistema della giustizia italiana. Lavorare in tale ambiente diventa difficile, pesante, talvolta quasi insopportabile.
Recentemente mi è capitato di arrivare a piangere di rabbia e delusione, a fronte di un provvedimento disciplinare comminato ad una collega che ho avuto l’onore di difendere avanti l’Ordine degli Avvocati. Una storia in qualche modo assimilabile alla Sua. Anche in quel caso, come nel suo, il diritto è stato calpestato ed umiliato per ragioni connesse a simpatie, correnti e rapporti personali che nulla hanno a che fare con la giustizia. Si è aperta una ferita che non sarà mai più rimarginabile e che renderà profondamente diverso il mio modo di vivere la professione.
Avevo quindici anni ed ero un ragazzino fortunato, di buona famiglia, quando la giustizia mi colpì con una sua randellata. Mio padre venne dichiarato fallito e perdemmo tutto, o quasi. Con la perdita dei beni materiali, persi anche amicizie e rapporti umani. Per due inverni fummo costretti a lavarci con l’acqua fredda, senza contratto con l’azienda del gas. Dopo tre anni giunse dal Tribunale un provvedimento di revoca del fallimento, con il quale si dava atto che, non solo mio padre non versò mai in condizione di insolvenza, ma che addirittura l’azienda era in attivo con ottime potenzialità. “scusare, abbiamo sbagliato …”. Troppo tardi, tuttavia, per ricostruire quanto era già stato pignorato, venduto, perduto. Troppo tardi per cancellare l’ansia di madre di vedersi un ufficiale giudiziario davanti ogni volta che suonavano alla porta, culminata in una depressione inguaribile. Troppo tardi per guarire lo spirito di mio padre, una volta uomo allegro e sicuro, da allora mai più ripresosi, come se l’onta del fallimento l’avesse ancora addosso, come gli avessero disegnato un tatuaggio indelebile in fronte.
Decisi, allora, che avrei fatto l’avvocato: Decisi che in qualche modo non averi permesso che un tale scempio potesse succedere ancora una volta. Ora, a 44 anni, rivedo quel proposito con disillusa tenerezza, e trovandomi nella medesima situazione nella quale deve essersi trovato l’avvocato che allora difese mio padre, lo perdono e lo comprendo. In qualche modo, senza accorgermene, ho iniziato a comportarmi come si deve essere allora comportato lui ed a lavorare come deve aver lavorato lui: svolgendo il mio burocratico e disilluso compitino, formalmente corretto, sostanzialmente distaccato.
Nell’anima di chi svolge la professione di magistrato o di avvocato nell’attuale sistema giudiziario italiano, subentra necessariamente una barriera psicologica di difesa, diffidenza, freddezza. Senza di essa, non si riuscirebbe a superare un senso di nausea che la mattina coglie sedendosi alla propria scrivania. Senza di essa non si riuscirebbe a trattenere un urlo quando, a fronte di una situazione familiare che dilania profondamente il rapporto tra genitori e figli, l’udienza viene fissata a nove mesi dal deposito del ricorso, perché il magistrato è nel frattempo impegnato negli esami di avvocatura.
Non basta riformare il CSM, l’avvocatura o mettere mano, in modo assurdo ed ipocrita ai codici di procedura. Qualcosa di molto più profondo dovrebbe essere cambiato, qualcosa che dipende dall’anima e dalla coscienza delle persone. Purtroppo si tratta delle stesse persone che hanno dimostrato la misura della loro coscienza emettendo il provvedimento disciplinare nei confronti della loro collega Carreri.
Se cambierà la magistratura potrà cambiare, di conseguenza, anche l’avvocatura. Dubito tuttavia che nella mia vita assisterò a tale cambiamento, ne dubito talmente tanto che se una delle mie figlie dovesse manifestare un giorno il desiderio di fare il lavoro del padre, cercherò di dissuaderla.
L’ho ammirata nel suo lavoro. L’ho ammirata in particolare quando ha provveduto, con coraggio, ad archiviare un procedimento penale che riguardava un mio familiare, avviato in modo del tutto strumentale in un caso strettamente connesso a una di quelle combriccole di amministratori comunali e imprenditori verso i quali, nel suo libro, afferma d’essersi opposta ai desiderata della Procura. In quel momento ho avuto la misura della Sua onestà intellettuale e di giudicante.
Chiunque, mi creda, chiunque abbia una minima conoscenza del sistema giudiziario, quando ha letto la notizia sui giornali della sua “incriminazione” per la regata velica, ha pensato che si trattasse di un regolamento di conti. I magistrati sono infatti bravissimi a non mettere in piazza i loro affari quando non conviene ed altrettanto bravi a farlo a scopi strumentali.
Se questo può consolarla, mi sono sentito vicino a lei, considerando che stavamo perdendo un buon magistrato; le sono ancor più vicino ora, dopo averne letto gli irritanti dettagli. La mia ammirazione è cresciuta considerando il suo personale coraggio e la coerenza nel dimettersi dalla magistratura.
Spero di incontrarla, un giorno, in qualche molo o in qualche montagna. Spero di vedere quel lato del suo volto che non sono riuscito a scorgere nelle aule di Tribunale e spero che lei riconoscerà il mio non come quello di un avvocato triste e disilluso. Potrà essere una ironica dimostrazione di quanto è assurdamente alienante l’ambiente giudiziario.
Le mando infine una stretta di mano, quella stretta che si danno gli alpinisti in vetta. Un gesto semplice che racchiude in sé molto più di quello che dimostra esternamente: condivisione, solidarietà, amicizia, pudico cedimento ad un sentimento di tenerezza mai espressa.
Ai miei compagni di montagna e di volo insegno ad essere felici. La felicità è quella condizione nella quale la mente è in grado di vedere i problemi come opportunità, tende a superare i propri limiti e, pertanto, è molto più predisposta a risolvere che a preoccuparsi.
Tanta felicità, dunque, nell’affrontare le Sue nuove sfide. Se la merita.
So cosa vuol dire non arrendersi... e tutto quello che comporta. so cosa vuol dire stare male nel corpo e nell'anima, ma anche cosa comporta non voler cedere all'angoscia. So cosa vuol dire essere se stessi ed in lotta contro tutti.
So cosa vuol dire -amare- ciò che si fa e quel qual cosa ci collega al tutto. Io continuo a sperare, nonostante la mia condizione, di arrivare a far sentire la mia voce ciò che le chiedo è poterla contattare per raccontarle cosa mi sta accadendo da 10 anni, la condizione di -fannullona- in cui mi ha messo la Grande Azienda da cui dipendo e a quanto pare la mia impossibilità di venirne fuori legalmente.
Anch'io amo tanto il mare dove mi sono rifugiata e altrettanto la montagna. Se mi leggerà, la ringrazio e la saluto