Il commento di Luca Frusone al discorso di Cecilia Carreri al convegno a Roma in Senato sulle banche venete
Le parole di Cecilia Carreri andrebbero trasmesse a reti unificate. L'ex giudice si scusa per aver parlato tanto ma il silenzio cui è stata costretta per tanti anni grida vendetta e in tanti avrebbero voluto ascoltarla ancora...
L'ingiustizia subita da questa donna a cui hanno strappato la toga mentre indagava già 16 anni fa sullo scandalo della Banca Popolare di Vicenza non ha scalfito il suo coraggio grazie al quale porta avanti la sua battaglia per la verità...
La sua unica "colpa"? Essersi messa contro il sistema che devasta l'Italia da Nord a Sud
Ill.mo Sig. Giudice, Le scrivo premettendo che La considero uno dei pochi a meritarsi a pieno diritto la G maiuscola e Le scrivo mosso da una irrefrenabile necessità di comunicarLe a caldo pensieri e sentimenti non appena terminata, in un crescendo di amarezza e di nausea, la lettura del Suo ultimo libro del quale ho voluto parafrasare il mesto titolo.
Ha fatto assai bene a raccontare il Suo lungo calvario ma ancor meglio ha fatto a mettersi così a nudo: era giusto che si sapesse il giusto dipanarsi degli eventi al di là delle miopi (eufemisticamente parlando) letture delle Sue vicende personali sfociate nell'assurda esecuzione capitale d'una promettente carriera e nella folle sottrazione d'un eccellente magistrato al servizio dei cittadini.
Pare, ahimè, d'assistere ad un implacabile ed inesorabile dramma shakespeariano, se non fosse per il fatto che il protagonista principale è reale.
Gentilissima dottoressa Carreri mi preme non tanto esprimerLe umana comprensione e solidarietà (ora forse non se ne farà più nulla) ma significarLe che la considerazione di Lei che alberga in chi ha avuto in sorte d'incontrarLa e di conoscerLa anche solo un po' è altro rispetto alla brutta caricatura della Sua persona dipinta da mass-media ed organi giudiziari (compresi quelli disciplinari).
Sono certo che, come me, moltissimi consegnavano servizi giornalistici alle attente cure d'una doverosa, sacrosanta, diffidenza, ad un rigido e distaccato scetticismo.
Questa realtà oggi che tutto sembra finito non è cambiata.
Il bene che l'uomo compie gli deve sopravvivere e così sia anche per Cecilia Carreri!
Non esiste giudicato che tenga.
V'è una sola Verità che s'impone nell'intimo delle coscienze al di sopra delle verità addomesticate o più o meno colpevolmente ceche sbandierate da altri (per una sorta di infantile ed inguaribile determinazione a non voler pensare sempre al male, preferisco lasciare aperta la possibilità della colpa, della negligenza, in qualcuno di quelli che La hanno giudicata).
La Verità, dottoressa, è quella che ha scritto nella quotidianità di anni di servizio sotto gli occhi di tutti ed è una storia indelebile.
E' l'eccezionalità, allora, che, forse, ha fatto più paura, lo iato (a dire il vero piacevole) tra la giusta austerità nell'esercizio delle Sue funzioni ed il colore dei Suoi quadri, voce d'una incontenibile gioia di vivere e la straordinarietà delle Sue imprese sportive, coronate da meritati successi.
Il tutto in perfetta armonia con la competenza, l'efficienza e l'umanità del magistrato.
La persona è una ma non lo si è capito o non lo si è voluto capire.
Chi fa liberamente della propria vita un'opera d'arte, nel pubblico e/o nel privato, crea disagio in chi sceglie di vivere nel grigiore della mediocrità o di asservire potenti.
Gentilissima dottoressa Carreri sappia che ha incarnato, per me e credo per tanti, il paradigma al quale dovrebbe rapportarsi qualsiasi giudice in termini di preparazione, garantismo, "savoir-faire" e capacità d'ascolto e di comprensione.
Mi picco di poterLe attestare tutto ciò dall'alto d'una assoluta libertà da condizionamenti: non sono una vittima della banca Popolare di Vicenza, non conosco Zonin, non ho legami politici e non avrei mai potuto difenderLa per difetto delle necessarie competenze specialistiche in materia amministrativa e lavoristica.
Le scrivo, sperando d'usare un canale adatto e di non renderLe involontariamente un torto, del quale Le chiederei eventualmente immediata scusa, sentendomi libero al punto di non ergermi nemmeno a paladino o a difensore d'ufficio della categorie professionale alla quale appartengo e che, apprendo dal Suo libro, Le è stata foriera di non poche delusioni e indelicatezze.
In vero, tuttavia, penso che, in qualsivoglia categoria, rilevi solo il singolo.
Ho difatti avvertito la necessità di scriverLe, da un lato, per il bisogno di manifestarLe solidarietà e dall'altro, per un personale debito di riconoscenza.
Nel lontano 1998, al mio primo caso di omicidio doloso, incontrandomi fuori dalla palazzina che ospitava gli uffici del G.I.P., mi disse pressapoco: "Mi fa piacere che lo difenda (l'indagato) Lei e non uno dei soliti avvocati che a Vicenza si prendono le difese più eclatanti".
Ero procuratore legale da circa tre anni e quella inaspettata e gentile dichiarazione mi infuse una buona dose di autostima e di sicurezza che mi consentì, negli anni successivi, di affrontare difese non facili.
Poco dopo quell'episodio accadde che entrai nell'aula del G.I.P. e La trovai a parlare, fuori verbalizzazione, con l'indagato (una giovane guardia giurata che sarebbe stata da lì a poco dichiarata totalmente incapace di intendere e di volere).
Altri avrebbero storto il naso gridando all'attentato al diritto di difesa, io apprezzai, in quel colloquio informale che stava mettendo a proprio agio la persona, un encomiabile slancio d'umanità.
Non posso, purtroppo, più augurarLe di trovare la tanto agognata ed inseguita giustizia perchè, alla lettura delle sue tristi vicissitudini, mi pare definitivamente concluso il decennale tormento giudiziario, nondimento Le auguro di cuore che una moltitudine avverta, come è successo a me, l'urgenza di testimoniarLe vicinanza.
Convinto, quindi, che il bene debba tornare a chi lo compie, in tutta umiltà oggi sono io ad invitarLa a pensare che nella mia visione d'una giustizia (intesa come servizio) ideale, nel mio ricordo professionale così come in quello di molti che hanno connosciuto Cecilia Carreri, c'è spazio per quel Giudice!
Con immutata stima e gratitudine per come ha interpretato il servizio a Vicenza, Giuseppe Fucito
QUESTO É IL GIP CECILIA CARRERI..ALLA RECENTE PRESENTAZIONE DEL SUO LIBRO..
SE NON VENIVA FERMATA DAL SUO PROCURATORE NEGLI ANNI 2002/2003..CIRCA..SI SAREBBERO SALVATI I MIGLIAIA DI RISPARMIATORI VENETI..DI CUI MOLTI SUICIDATI...
A QUESTO MAGISTRATO CORAGGIOSO CON ALTISSIMO SENSO DELLO STATO...LE ISTITUZIONI DOVREBBERO CONFERIRLE UNA MEDAGLIA D'ORO...MA INVECE NE HANNO STRONCATA LA CARRIERA...!!
CHE CI ANDIAMO A FARE DOMATTINA IN TRIBUNALE..SE QUESTA È LA GIUSTIZIA..??
Dottoressa, non ho parole per esprimere la mia gratitudine nel aver avuto parole di assoluta verita nella esposizione fatta il 19 c.m. riguardante magistratura e banca popolare di vicenza, Grazie, Grazie, !!!!! una cento mille un milione di persone come Lei.
Cordialità. Luigi Cesare Balestro
Cara dottoressa, mi perdoni la confidenza per il cara ma ho appena finito di leggere il Suo prezioso libro "non c'é spazio per quel giudice" che ho divorato in un soffio. Faccio il mestiere di avvocato e dovrei provare vergogna per la mia categoria dopo avere letto le Sue vicende. In verità non sono stato mai asservito al potere ed ho svolto la mia professione tenendo presente solo gli interessi dei miei clienti ed il rispetto delle leggi. Quando agli inizi degli annni '90 incomincia a notificare atti di citazione alle banche per anatocismo, tutti mi guardavano come un rivoluzionario. Ho inziato 32 anni fa, entrando nelle aule giudiziarie con un inchino e scrivendo nei miei atti la parola giudice in maiuscolo. Oggi faccio fatica a fare entrambe le cose, non ostante il mio rispetto per le istituzioni. Sono un navigatore anch'io e, a causa della mia ingenuità, non ho mai nascosto di possedere una barca. Da allora tutti mi indicano come l'avvocato in barca. La cosa mi infastidisce non poco. Il tono non é certo benevolo. Voglio solo significarLe la mia stima e solidarietà. Il Suo libro mi é stato suggerito da una amica e collega di Treviso con la quale ho toccato parte di quel mondo da Lei descritto gestendo alcune pratiche a Padova, Treviso e Vicenza stessa. Seguo anche qualche cliente nella questione finanziamenti baciati della BP Vi. Mi manca qualche anno alla pensione e, mi creda, non vedo l'ora di prendere il mare per un lungo giro del mediterraneo. La passione con la quale ha descritto le Sue vicende dovrebbe fare riflettere molti in questo periodo storico di triste decadentismo. Le persone per bene che sono rimaste nel nostro paese non possono che sperare in un rinascimento. Le auguro tutto il meglio nella vita e Le auguro di vivere ancora di più quelle rare emozizoni che ha già avuto la fortuna di provare in passato, dimenticando l'arroganza, l'ignoranza e la cattiveria delle persone che ha avuto la sfortuna di incontrare. Con stima ed ammirazione Francesco Santangelo